La corsa e' vita


CARLA PRIMO

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Sono Carla.

La corsa mi fa stare bene.
Credo che senza la corsa e l’affetto delle persone tutto sarebbe stato molto più difficile.
Mi piace fare trekking e viaggiare.
Sono cresciuta sotto le montagne ma oggi vivo e lavoro a Torino.

 

Sono Mauro Fontana Presidente della piccola "corazzata" Podistica Torino, è da qualche mese forse da qualche anno che, complice qualche infortunio di troppo, fatico a trovare le motivazioni per allenarmi come si deve. Più di una volta la motivazione per uscire me l'ha data la lettura di una racconto di Carla (sul suo blog https://preferiscocorrere.com/). Carla Primo è una  forte atleta, di lei mi hanno colpito la tenacia e la forza che le hanno permesso di sconfiggere il "mostro" e il modo fantastico con cui riesce a descrivere le proprie emozioni. Domenica al Cross della Pellerina l'ho vista per la prima volta,  osservando con stupore e ammirazione la splendida prestazione che l'ha portata a raggiungere il secondo posto assoluto in classifica. Pubblico uno dei suoi racconti ma vi consiglio di dare un occhiata al suo blog.

 

"Sono Carla Primo, è passato un anno e mezzo da quel tragico venerdì in cui mi consegnarono il referto dell’istologico, avevo rimosso un neo sospetto quasi come fosse routine, invece quel giorno il mondo mi crollò addosso. Tre operazioni chirurgiche, tac, risonanze, pet, ecografie e poi 14 lunghissimi mesi di terapia con interferone.

Non dimenticherò mai gli sguardi bassi dei medici, i silenzi assordanti durante la lettura dei referti, le attese cariche di angoscia e tutti quelli che hanno lottato fino all’ultimo.

Si va avanti, si cerca un punto lontano che fa un po’ di luce e si avanza con l’aiuto degli amici e della famiglia.

Questo racconto è dedicato a loro, alle persone che mi sono state accanto e a tutte quelle che hanno corso con me prendendomi per mano.

La corsa mi fa sentire viva, torno a essere quella bambina che di fronte a un sentiero non riusciva a camminare. È il mio modo faticoso per celebrare ogni giornata. Poco importa se è la cosa giusta. A volte mi fa star male, ma va bene così".

 

QUESTIONE DI PASSO

Mi piace all’allenarmi con il mio amico Andrea.

Durante la malattia Andrea non hai mai smesso di chiedermi di correre con lui e spesso è stato così insistente che ho corso anche quando volevo solo mettere la testa sotto il cuscino. Come si faceva negli anni ’90 quando ci si incontrava per stare in giro con gli amici, Andrea passava sotto casa mia, suonava il citofono e mi diceva di infilarmi le scarpe da corsa.

– Sono Andrea, scendi, andiamo a correre

– Sono stanca, non ne ho voglia
– Ok, ti aspetto qua. Fai con calma

Andrea è molto più forte di me. Ci siamo conosciuti qualche anno fa al parco, durante un allenamento. Abbiamo corso fianco a fianco per qualche mese, poi lui ha iniziato a correre forte, tanto forte. È stata una delle prime persone con cui ho corso quando mi sono trasferita a Torino. Da sempre rido tantissimo con lui.

Ancora oggi, dopo le terapie, mi chiede di correre, anche se è ovvio che il mio correre corrisponde al suo passeggiare. Spesso fa finta di non farcela più, ma io so che mi sta aspettando. A volte fa anche finta di soffrire tantissimo per poter rallentare e tenere il mio passo. Respira e si lamenta della fatica. Muove le braccia in modo strano, flette la schiena e ruota la testa come se non riuscisse a finire l’allenamento. Ovviamente, non è così.

Durante tutti i mesi di terapia abbiamo corso con un passo lento, un passo utile a confidarci piccole e grandi preoccupazioni. Amo il parco anche per questo: soprattutto nei mesi più freddi diventa il luogo ideale non solo per duri allenamenti ma anche per pensare, confrontarsi con gli amici, magari correndo. Aiuta a liberare il respiro spesso incastrato in ansie che ci tormentano. A trovare soluzioni. Al parco ognuno sembra cercare le proprie.

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Quando camminavo spesso, con ancora il drenaggio infilato nella schiena, mi capitava di guardarmi attorno con curiosità. Incontravo sempre un signore con tanta pancia che tutto sudato tentava di correre in modo costante, non ho mai visto qualcuno faticare così tanto e ho immaginato che fosse il consiglio di un medico ad averlo portato lì. Avrei voluto fermarlo e congratularmi con lui. Incoraggiarlo a non fermarsi. Incrociavo anche un’anziana signora, magra magra, che camminava così veloce da non poterle neppure sorridere per un attimo. Lei sembrava sicura di sé e già pronta per farcela o forse stava solo cercando di scappare da qualcosa. Ogni tanto mi imbattevo in una ragazza con una felpa nera enorme che correva piano piano ascoltando musica, sembrava appartenere a un altro mondo. Mi sono chiesta molte volte quale soluzione cercassero tutti quanti, intanto provavo a trovare la mia, tra un passo e l’altro.

Una sera, poco prima di entrare in ospedale, decido di fare le ripetute con Andrea. Un modo per fingere che tutto fosse normale. Facciamo le ripetute sui 1000. Andrea ovviamente mi sta davanti, spesso si gira per controllare che io ci sia ancora, fa finta di essere stremato e corre senza allontanarsi troppo.

Siamo all’ultima ripetuta, corro più forte che posso, per la prima volta mi capita di immaginare il mio tumore. Lo vedo. È dietro alla scapola. Visualizzo quell’immagine più volte e immagino di parlare con lui, implorandolo di stare fermo. Corro forte ma sono altrove. Andrea si volta verso di me più volte, sembra preoccupato, mi guarda confuso, mi conosce abbastanza bene per capire che quella espressione sul volto non è solo stanchezza. Rallenta, mi aspetta e insieme corriamo gli ultimi 100 metri.

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Concludiamo l’allenamento tutti e due molto stanchi. È buio e fa freddo. Ci appoggiamo l’uno sull’altro per riprendere fiato. Non parliamo per qualche minuto, poi Andrea mi dice:

– Perché hai corso come una pazza? Ero preoccupato, ora sei anche pallida
– Forse per sentirmi viva. Non so, sinceramente non so

Torniamo a casa camminando, in silenzio.

– Carla, domani ti suono. Facciamo un lentissimo

Salgo le scale sorridendo. Sceglieremo un passo e lo chiameremo lentissimo, penso. Sarà il nostro passo per recuperare le energie, quello che ci permetterà di ridere da stanchi e di parlare di noi. Sarà un bel passo.

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