ROYAL ULTRA SKY MARATHON

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   ROYAL ULTRA SKY MARATHON  (Km. 54)

ROC SKY RACE (KM. 27) 

Domenica 31 luglio 2011 

Si sono disputate domenica scorsa le due impegnative prove di Sky Race nell'incantevole cornice del Parco Nazionale del Gran Paradiso. La 4a Edizione della Royal Ultra Sky Marathon di Km. 54 è stata vinta da Giuliano CAVALLO in 7h 19' 06" e dalla Guardaparco "volante" Raffaella MIRAVALLE in 8h 11' 13" (4a vittoria consecutiva). Gli atleti che hanno portato a termine la difficilissima prova sono stati 89. A rappresentare i colori della A.S.D. PODISTICA TORINO Giuliano Paolucci, giunto 62° in 12h 03' 25". 

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La prova ridotta (si fa per dire) ROC SKY RACE di 27 Km., è stata vinta da Alfonso BRACCO in 3h 52' 14" e da Marina PLAVAN in 4h 43' 14". Anche in questa prova presenza di un atleta "orange", Alessio Petrelli, giunto 60° tra i 78 classificati, in 6h 43' 31".

Tutte le informazioni ed i dettagli sulla gara sul sito www.royalmarathon.com. Fotografie, informazioni e dettagli sul Parco Nazionale del Gran Paradiso sul sito www.pngp.it. La ROYAL ULTRA SKY MARATHON è stata inserita tra le 500 gare più belle del mondo e, da quest'anno, è gemellata con il Trofeo Kima, la più prestigiosa gara italiana di Sky Running.

Il nostro atleta Alessio Petrelli ha scritto il resoconto della gara che pubblichiamo con vero piacere. 

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I due atleti "orange" in gara

Royal_Ultra_Sky_Marathon

Nessuno di noi aveva dichiarato di essere alla prima esperienza in questo tipo di manifestazioni: “Certo questa non è la gara per debuttare in una Sky race”. Con questo ammonimento inizia la nostra domenica 31 luglio 2011. Erano le 4,15 e seduti accanto a noi nella sala colazione dell’alberghetto di Ceresole Reale, ci sono due personaggi che già a prima vista davano l’impressione di saperla lunga. Chiacchierando insonnoliti scopriamo che erano due pluripremiati veterani della manifestazione, che continuavano a snocciolare aneddoti sulle asperità e durezze di questa gara. Proprio quello che desideravamo ascoltare. Noi, un po’ intorpiditi dal sonno, un po’ intimoriti da tanta sapienza, ci limitiamo ad annuire, non negando sguardi di compiacenza, come a dire: “Si si, lo sappiamo bene”.

CeresoleReale_Parco

 

Gli esperti skyrunners mi aiutano però a sciogliere il dubbio sull’uso dei bastoncini; mi dicono che possono far scaricare la pressione sulle gambe almeno del 20%, “purché usate bene, però, devi avere già esperienza con lo sci alpinismo”. E stavolta posso annuire con più sincerità, tiè. Alle 5 eccoci stivati dentro il pulmino navetta, che da Ceresole Reale ci deve condurre alla partenza della gara, il Lago Teleccio, a quota 1.900 metri. La stradina è veramente impervia, di quelle che mentre sei lì pietrificato, fai training autogeno e pensi: “Ma cosa vuoi che succeda, chissà quante volte l’avrà fatta il conducente”. Non so se avete presente quei video tipici dei reportage di viaggio, in cui si vedono arditi esploratori caricati in vecchi furgoni, che si inerpicano in sentieri strettissimi sospesi nel nulla in cui non vorreste mai trovarvi a passare. Ecco, la stradina che sale al Lago Teleccio ricorda un po’ quelle situazioni. Ovviamente il conducente confessa di non averla mai percorsa, ma per fortuna siamo già all’ultimo tornante, che deve essere percorso in due fasi, tanto è stretto.

Roc_Sky_Race_Percorso

E cosi, alle 6, in qualche modo mettiamo i piedi a terra. E’ il momento del massimo afflusso di skyrunners, che cominciano ad addensarsi in zona partenza. E’ l’alba, lo sguardo vola spesso in alto cercando segnali di conforto dal meteo, che arrivano solo in parte. Molte nubi, forse troppe. Compaiono Giuliano e Alessandro, che hanno pernottato in tenda vicino al lago. Ci dicono che sono arrivati da Torino alle 23 montando la tenda sotto il diluvio, e di non aver quasi chiuso occhio. Noi che abbiamo dormito ben 4 ore (!), improvvisamente ci sentiamo riposati. L’atmosfera è surreale; circa 200 “corridori del cielo”, tutti rigorosamente agghindati con abbigliamento stratecnico vagano nella semioscurità cercando di contrastare il freddo pungente. Mi colpisce la quantità di donne. Poi, una buona parte, cerca rifugio e conforto nell’unico edifico presente nella zona, la casa ufficio dei guardiani della diga, che si prodigano a preparare e offrire caffè e tè caldi senza interruzione. Noto una bollatrice appesa a una parete, dissonante e pervasiva presenza della burocrazia fino in alta quota.

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Giuliano Cavallo, vincitore della Royal Ultra Sky Marathon 2011 

Anche qui il tenore delle dispute fra gli atleti è incentrato su quanto la gara sia dura; le opzioni prevalenti sono due: la gara è tra le più dure sky race, la gara è la più dura in assoluto. Molto interessante, più o meno quanto chiedersi se sia più forte Pelé o Maradona. Finalmente è ora; l’organizzatore ci illustra il percorso, mette su una bella musichina con le cornamuse e via, alle 7 si parte. Si costeggia il lago in piano, poi si attacca la prima salita, circa 4 Km. per salire i 1.000 metri di dislivello che conducono al Colle dei Becchi. Impensabile correre, il sentiero è ripidissimo e sempre più tecnico, l’ambiente è lunare, severo, molto suggestivo. La seconda parte della salita è quasi tutta su roccette, dove bisogna arrampicarsi (avete presente una passeggiata sugli scogli? Ecco, qualcosa del genere). Infine un ultimo pendio nevoso  ci permette di raggiungere il Colle dei Becchi a circa 3.000 metri di altitudine. Era il tratto più temuto, per la presenza del primo cancello proprio sul colle, con il tempo limite più complicato da rispettare. Un buon quarto d’ora se ne era andato alla prima rampa in salita, dove l’ingorgo che si era creato ci aveva costretto a stare fermi per molti minuti. In parecchi non riusciranno a superarlo entro le due ore previste, nonostante qualche minuto di tolleranza concesso dall’organizzazione. Un tè caldo, uno sguardo al panorama, in parte limitato dai nuvoloni che coprono tutte le cime al di sopra dei 3.000 metri, e siamo pronti per affrontare la mitica discesa dei Becchi, quella di cui sentivamo echeggiare da giorni, temuta e rispettata con reverenza, per le difficoltà tecniche previste. Si tratta di un pendio di grossi massi, in cui bisogna scendere un po’ saltellando, un po’ arrampicandosi, sempre con grande concentrazione. Mi diverto molto a salire e scendere per queste rocce, anche se le macchie rosse che si trovano disseminate lungo le rocce, evidenza di diversi infortuni capitati a chi si trovava davanti, rendono l’atmosfera severa. A un tratto le gocce sparse qua e là divengono fitte, un roccione completamente macchiato di sangue; alzo lo sguardo e mi trovo davanti un runner con ferite ampie sulle braccia, che mentre sanguinava abbondantemente, veniva soccorso con fasciature di fortuna, in attesa di essere recuperato dall’elicottero.

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E cosi, saltellando tra le rocce e scivolando lungo i pendii di neve, si perde quota e si entra in un ampio vallone intorno a 2.400 metri di quota. Solo allora la traccia da percorrere comincia a somigliare a un sentiero e si può accennare ad una timida corsetta. A quel punto le distanze tra i runners si sono dilatate e mi ritrovo solo, in un ambiente fantastico, fatto di radure erbose, torrenti, laghetti e macchie bianche di fioriture estive. Un camoscio salta via correndo tra le rocce. Un’esperienza quasi mistica, in cui l’idea di libertà trova una sua declinazione reale. Purtroppo l’illusione dura solo un paio di chilometri, poi il sentiero torna ad essere roccioso preannunciando la seconda dura salita verso la Bocchetta dell Ges a 2.700 metri. Si riprende a camminare cercando di sfruttare le leve dei bastoncini per alleggerire un po’ le gambe. Si scavalca il secondo colle e si riprende a scendere; ancora una discesa molto impegnativa e delicata: ripidissima, e stavolta composta di piccole rocce mobili, in cui bisogna prestare la massima attenzione a non scivolare, ma anche a evitare di far cadere pietre sui concorrenti che si trovano più a valle. Il percorso è sempre ben segnalato e presidiato da moltissimi volontari piazzati nei punti strategici. Con tutti ci si scambia un saluto e una battuta. Si procede sempre con fatica, anche per la quota che si mantiene sempre abbondantemente sopra i 2.000 metri, ma anche con molta piacevolezza, almeno fino al cancello situato alla vecchia casa di caccia dei Savoia, dopo 17 Km. di gara, quando la stanchezza comincia a farsi sentire. Un gipeto enorme volteggia sopra le nostre teste leccandosi i baffi.

Da lì inizia un lunghissimo traverso su una piccola traccia, dove riesco a trovare un po’ di agilità per correre a tratti e addirittura superare qualche concorrente. Al termine di questo tratto in saliscendi c’è il cancello e il ristoro successivo, dove i concorrenti della Ultra vengono dirottati verso l’ennesima salita. Il mio sguardo incredulo li osserva con un po’ di cinico autocompiacimento per non doverla affrontare. Noi della gara “breve” veniamo indirizzati a sinistra, in discesa. A quel punto l’unico desiderio è quello di imboccare un bel sentiero regolare in cui correre veloci fino al traguardo: invece no, ancora pietre e saliscendi fino a un colle non molto marcato, poi, finalmente, all’imbocco del bosco, magicamente, la traccia si trasforma in un piccolo sentiero, largo abbastanza da consentire di iniziare a correre verso valle con regolarità. Si incontrano i trekkers che salgono per una escursione domenicale, poi, più a valle, abitanti e gitanti: tutti sono prodighi di saluti e complimenti. Ancora qualche chilometro intorno a Ceresole Reale, si attraversa la diga, poi, finalmente, l’arrivo. Tutti i concorrenti sono accolti calorosamente dall’organizzazione e dal pubblico, molti vengono intervistati. Che bella atmosfera che si respira, cosi lontana dalla freddezza di molte gare su strada. Uno sguardo al cronometro, giusto per rendermi conto di quanto diavolo ci ho messo, ma anche  che il GPS segna ben 31 Km., quasi 4 Km. in più del previsto.

Dopo pochi minuti viene annunciato l’arrivo di una coppia: sono Paola e Fabrizio, che da vero galantuomo è rimasto a fianco di Paola per tutta la gara. Corro ad abbracciarli. Il nostro pensiero va a Giuliano e Alessandro, impegnati nel percorso lungo, che sarebbero arrivati dopo molte ore.

Il buono pasto ci dà accesso ad un’abbondante polentata.  Il suggello di una giornata memorabile !

Alessio Petrelli 

 

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