100 KM DEL SAHARA 2014 - IL RACCONTO

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    100 Km. del Sahara 2014

29-30 aprile e 1 maggio 2014

Il racconto di Cristina & Paolo

La "100 Km. del Sahara" è una gara a tappe (4) che si è disputata nell'arco di tre giorni e ambientata negli spettacolari territori del Sahara tunisino in Africa settentrionale. Coprire la distanza di 100 chilometri (62 miglia) nel deserto è un grande impegno fisico e mentale e richiede una preparazione particolare ed adeguata. L'Edizione del 2014, appena terminata, ha visto 95 atleti in gara e, tra questi, due canotte "orange", quelle di Maria Cristina Beltramo e Paolo Bergamini. I due portacolori della A.S.D. PODISTICA TORINO, alla primissima esperienza con questo tipo di gara, hanno chiuso la prova classificandosi al 53° e 54° posto della Classifica Generale.  Cristina e Paolo sono due "veterani" della  Società in cui militano dal 2010 (esordio il 14/2/2010 nel "Cross di Borgaretto") ed hanno partecipato rispettivamente a 91 e 89 gare con la canotta "orange" per un totale di oltre 1.230 Km. ciascuno ! 

(L'Edizione 2014 della "100 Km. del Sahara" in realtà è risultata leggermente più lunga del previsto, per un totale di Km. 104 con l'organizzazione di Adriano Zito e la Zitoway di Modena. Martedì 29 aprile le prime due tappe, rispettivamente di 26 Km e, quella notturna, di 7 Km.. Mercoledì 30 i chilometri da affrontare sono stati 29 e, come da tradizione, il gran finale Giovedì 1° maggio con la distanza classica di 42 Km.).

Vi proponiamo con grande piacere il racconto dei nostri due atleti .... Buona lettura !

Ecco, se vi piacciono gli spazi infiniti, se amate perdervi nel cielo stellato, scuro e luccicante come non lo avete mai visto prima, se vi commuovete quando vedete il sole sorgere all’orizzonte mentre il cielo si riempie di tutti i colori dell’arcobaleno, se amate la natura allo stato puro, respirare la sabbia del deserto, sentire la forza del vento e il calore del sole, godere del silenzio, ecco .... allora la "100 km del Sahara" è una gara che vi regalerà emozioni indimenticabili.

Sono poco incline ad emozionarmi al termine delle gare, per quanto dure possano essere, ma alla fine di questa affascinante prova mi sono ritrovato diverse volte con gli occhi lucidi, felice e orgoglioso di aver portato a termine con Cristina una corsa che ad ogni passo regala sensazioni nuove e diverse e paesaggi mozzafiato. Ogni passo è una faticosa conquista, ma all’arrivo il ricordo della fatica scompare subito per lasciare il posto alle tante emozioni vissute nei tre intensi giorni di gara. 

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Prima tappa – 27,7 km in 4h11’

Si parte dall’oasi di Ksar Ghilane, una bella macchia di verde che arriva gradita dopo qualche ora di viaggio in un paesaggio semi desertico. L’oasi, nella quale abbiamo trascorso la prima notte nel campo, un po’ scomodo a causa della precarietà dei servizi igienici, ha un piccolo ma accogliente laghetto dove ci si può bagnare e trovare refrigerio. All’uscita dell’oasi verso il percorso di gara il deserto si staglia in tutta la sua bellezza. Il deserto come tutti noi lo immaginiamo. Una distesa infinita di alte dune che cambiano continuamente colore e che verso il tramonto assumono un intenso colore ocra, dove affonda un sole rosso e gigantesco in un rapido tramonto.

L’entusiasmo della partenza svanisce quasi subito, quando ci rendiamo conto di quanto è faticoso procedere nella sabbia del deserto, finissima e impalpabile. I piedi affondano inesorabilmente ad ogni passo, sia in salita che in discesa. Le dune vanno aggirate, ma spesso non si possiede la lucidità e l’esperienza per scegliere la direzione migliore e ci si trova a correre di lato, procedendo lentamente e goffamente, nonostante sia solo l’inizio. Dopo sette km di dune arriviamo stanchi ad un fortino che segna l’inizio di un terreno più compatto, anche se la sabbia è sempre dovunque. Corriamo felici per una quindicina di km. insieme ad una coppia di svedesi, che saranno i nostri compagni di corsa per quasi tutta la gara, fino a raggiungere un nuovo tratto di alte e impervie dune che segnano l’ultimo tratto della tappa, per circa 5 km.

Dopo oltre 3 ore di corsa la temperatura è elevata, sicuramente oltre i 30 gradi e lo sforzo per affrontare le numerose e ripetute salite (e discese) si fa sentire. Cristina finisce rapidamente le ultime riserve di glicogeno e, provata, si ferma per vomitare. Arranchiamo ad una media di 13 minuti al km, ma spronati dai compagni di gara riprendiamo coraggio alla vista dell’arrivo e riusciamo a concludere gli ultimi due km. ..... addiritttura correndo !.

Il pomeriggio al campo trascorre velocemente e in armonia con i simpatici compagni della tenda 9. La doccia assolve dignitosamente il suo compito, mentre per i “bisogni” non ci resta che sfruttare il “bagno più grande del mondo”, con l’accortezza, come ci viene richiesto dell’organizzazione, di seppellire bene la carta igienica dopo l’uso, per evitare che raffiche di vento maligne la riportino al campo.

La cucina è quasi sempre aperta e viene organizzata una merenda consistente per affrontare la tappa serale con sufficiente energia. Il massaggio della brava Bianca è doloroso, ma porterà benefici tangibili il giorno successivo, quando ci alzeremo senza dolori muscolari. I consigli tecnici del bravo Fulvio Massini e gli esercizi di stretching, sotto la sua guida, ci rilassano e ci danno coraggio per le prossime tappe.

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Seconda tappa in notturna – 7,2 Km in 51

E’ veramente un momento suggestivo. Si parte a coppie ogni trenta secondi. Le luci che segnalano il percorso, le luci frontali e quelle chimiche che brillano sulla schiena di ognuno di noi, unite al fantastico cielo stellato creano un’atmosfera unica e romantica. I 7 km passano lievi, nonostante la fatica della mattina, grazie alla temperatura fresca ed al tracciato che presenta pochi saliscendi.

Una lavatina veloce e poi a cena. La notte trascorre agitata. Fa caldo e qualcuno nella tenda berbera si lamenta sostenendo che io e un altro “facciamo legna”.

L’alba tinta di arancio arriva in fretta. Si intuisce che sarà una giornata calda, durante la notte la temperatura non è mai scesa sotto i 15 gradi.

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Terza tappa – 30,5 Km in 5h 07

Dovevano essere 29 Km., ma l’organizzazione ci annuncia che un ulteriore km è in omaggio.

Partiamo spavaldi. Il percorso non presenta più le alte dune del giorno prima, ma è sempre molto sabbioso con lievi saliscendi che chilometro dopo chilometro ti spezzano il ritmo e trasformano le gambe in due tronchi, pesanti da sollevare. Il tempo passa e la temperatura aumenta. Nemmeno due ore che si “corre” e già siamo a 35 gradi.

I nostri compagni di corsa svedesi sono completamente bianchi, ricoperti da uno spesso strato di crema solare. La ragazza corre con un paio di spessi pantaloni (sembrano da sci). Entrambi indossano alte ghette che arrivano fino al ginocchio. Sono buffi ma simpatici e di tanto in tanto li raggiungiamo e scambiamo qualche parola.

Al 14° km finalmente il ristoro! Mi accorgo che i piedi fanno male. Un’unghia sanguina e diverse vesciche si sono formate. Mi curo mettendomi i cerotti Compeed e intanto sono assalito da un attacco di dissenteria (forse ho preso troppo miele). Mi apparto dietro una duna intanto che Cristina riempie le sacche d’acqua.

Alcuni camminatori stremati si sono ritirati e aspettano un mezzo per raggiungere l’arrivo.

Per colpa mia la sosta dura più del previsto e i due svedesi ci prendono un quarto d’ora di vantaggio, un ritardo che non riusciremo più a colmare, anche se arriveremo prima di loro nell’ultima tappa.

Ripartire dopo la sosta è pesante. Subito capiamo che non riusciremo a correre a lungo. Gli organizzatori percepiscono la sofferenza dei corridori e approntano ristori supplementari lungo il percorso. I quad e i fuoristrada dell’organizzazione, oltre ai medici, percorrono senza sosta il percorso su e giù per controllare le condizioni di ognuno di noi. A tutti fanno domande per verificare lo stato di lucidità. Noi rispondiamo allegramente, ma dentro di noi la preoccupazione aumenta. Ed ecco una lezione. Camminare non è un diminutivo di correre. I muscoli che lavorano camminando sono diversi da quelli impegnati nella corsa. Per cui se si pensa di dover camminare è necessario inserire nell’allenamento diversi km. di camminata. Noi non lo abbiamo mai fatto e ora ci troviamo con le gambe indolenzite dopo pochi chilometri al passo.

Finalmente in lontananza vediamo il gonfiabile dell’arrivo, ma si intuisce che mancano ancora diversi km. Il Garmin mi dice che ne mancano almeno cinque. Procediamo in un bollente labirinto di basse dune sabbiose che dobbiamo aggirare allungando il percorso, non avendo la forza di procedere in linea retta. A 13 minuti al km (e con 40° di calore) ci vorrà più di un’ora per terminare. Quello che ci deprime è il pensiero dei 40 km di domani. Cerco di confortare Cristina pensando al pomeriggio libero per rifocillarci e riposarci, ma le sue risposte sono monosillabi impercettibili.

Percorro di corsa gli ultimi 400 metri. Il the e le arance all’arrivo sono la cosa più buona del mondo. Bevo quattro bicchieri d’acqua dove Fulvio ha aggiunto sale da cucina. Nella giornata berrò quasi sei litri di liquidi.

Nonostante  la stanchezza, durante il pomeriggio non si riesce a prendere sonno. L’adrenalina comunque ci dà una forza insospettabile. Un compagno di tenda deve ricorrere a una flebo di acqua e sali. Tra pranzo, doccia, massaggi e merende il pomeriggio passa veloce. Al tramonto ci gustiamo anche uno spettacolo berbero.

A cena, come per i soldati in trincea, avviene la distribuzione della posta, ed ecco la sorpresa più gradita. Riceviamo numerosi messaggi di incitamento da parte vostra che ci commuovono e ci danno una carica incredibile. In tanti ci stanno seguendo! Ora è chiaro che non si molla per nessun motivo. Non possiamo deludere. Anche Cristina mi pare molto più determinata dopo aver letto i messaggi. Grazie amici!

L’organizzazione, dopo aver raccolto i pareri dei concorrenti e dei top runners (anche loro hanno camminato oggi), ci annuncia a sorpresa un provvidenziale cambio di programma per la giornata di domani. Partenza anticipata alle 6.30 per i più scarsi, e un’ora dopo per il gruppo dei migliori, e cambio di percorso nel tratto finale, dove vengono aggirate le alte dune previste negli ultimi quattro chilometri prima di Douz. La decisione del boss Adriano Zito si rivelerà fortunatissima.

Per non disturbare troppo il sonno dei compagni sposto il materassino quasi fuori dalla tenda. Il grezzo telo della tenda è a pochi centimetri sopra di me e ha un grosso squarcio, così che se apro gli occhi intravedo il magnifico cielo stellato, e comincio a fantasticare…

A differenza di ciò che molti pensano, io credo che l’universo pulluli di vita, con miliardi di pianeti abitati  da svariate forme di esseri vegetali e animali. Guardo le migliaia di stelle dal buco della tenda e immagino la vita che continuamente si crea e si spegne nell’universo. Quanto vorrei conoscere la verità. Credo che il meccanismo della vita sia lo stesso nelle cellule microscopiche come negli spazi siderali dell’universo. Mi immagino i pianeti come enormi ovuli fecondati dalle comete (non è forse vero che gli scienziati stanno scoprendo come  nel nucleo delle comete si trovino le sostanze organiche sufficienti da cui può scaturire la vita?). E così capita che di tanto in tanto una cometa, cadendo su un pianeta, riesca nel miracolo della creazione. Una vita nasce in un lontano pianeta mentre in un altro distantissimo luogo una stella e i suoi pianeti muoiono per sempre… tutto avviene con le stesse regole in ogni angolo dell’universo, a volte in pochi attimi, a volte con tempi e spazi cosmici…

E così mi addormento in un sonno agitato, il vento comincia a soffiare più forte. Mi proteggo con il cappuccio del sacco a pelo.

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Quarta tappa – 39 km in 5h 34

Oggi sveglia all’alba. Ci laviamo velocemente i denti e via a colazione. La temperatura fresca ci dà forza.

Iniziamo l’avventura insieme agli svedesi e subito ci rendiamo conto che riusciamo a correre senza troppa fatica grazie alla temperatura fresca. I cerotti fanno il loro dovere e i piedi non fanno eccessivamente male. Si beve comunque ogni km, piccoli sorsi ma senza aspettare di sentire la sete. Oggi i ristori sono due e rapidamente arriviamo al primo, posto al 15° km.

Intanto il gruppo dei più forti è partito. Il vento aumenta progressivamente e ci soffia di lato. La sabbia si alza sempre più copiosa creando un ambiente surreale. La cima delle dune si increspa, la sabbia si appiccica al volto, entra dovunque ma il disagio è nulla rispetto al calore del giorno precedente.

Sono costretto a indossare gli occhialini da immersione che provvidenzialmente porto nello zaino, mentre Cristina si protegge con normali occhiali da sole (quelli vinti alla Mezza del Lago Maggiore ?).

Non smettiamo mai di correre, procedendo piegati per tagliare il vento ed ecco che sopraggiungono i primi.

Lo spagnolo campione del mondo di km. verticale Raul Garcia Castan (il vincitore finale) passa a fianco di Migidio Bourifa, alla duna davanti a noi Raul prende facilmente qualche metro di vantaggio. Si capisce chi sta “facendo” la corsa.

Poco dopo arriva Alessando Lambruschini, campione olimpico, che ci incita nel superarci. E’ stato bello condividere diversi momenti con questi campioni durante la vita nel campo. Sempre disponibili e gentili non hanno avuto nessun particolare privilegio rispetto a noi normali e hanno fatto veramente onore allo sport e al mondo dell’atletica.

Arriviamo al secondo ristoro con un vento impetuoso. Un abbeveratoio con un’invitante acqua fresca ci permette di rinfrescarci la testa, sotto lo sguardo divertito di alcuni ragazzi del posto.

Mancano ancora dieci km da fare in una specie di tempesta di sabbia, con il vento che soffia contrario. Il paesaggio è cambiato, ora siamo nel deserto bianco. Il paesaggio è lunare. Le sagome dei corridori, molto distanziate tra loro, appaiono e scompaiono risucchiate dai vortici di sabbia. Sembriamo fantasmi che vagano in un ambiente spettrale e l’emozione è così forte che non sento più la fatica, tanto è suggestivo il paesaggio. Cristina mi sembra eroica, mai un lamento o un attimo di sconforto. L’avvicinarsi del traguardo e la consapevolezza che ce l’abbiamo fatta ci da una carica incredibile. Gli ultimi due km. di nuovo in mezzo a bianche dune spazzate dal vento impetuoso sono durissimi, ma le mura fortificate di Douz si intravedono sempre più nitide un passo dopo l’altro.

L’ingresso nel viale alberato che ci porta sul rettilineo dell’arrivo è veramente emozionante. Ogni metro viene gustato con orgoglio e commozione. Siamo due maschere di sabbia, sorridenti e in fondo, ora, nemmeno così stanchi !

La doccia nell’accogliente camera d’albergo che faremo di lì a poco penso che me la ricorderò come la più bella mai fatta in vita mia !

Cari amici orange, spero tanto che tutti coloro che avevano una mezza idea di provare questa esperienza si siano fatti convincere dal nostro racconto. Se l’abbiamo fatta noi la 100 km del Sahara può farla sicuramente chiunque di voi, e anche molto meglio!

Cristina & Paolo


Il percorso 

Partenza dall’oasi di Ksar Ghilane con arrivo a quella di Douz dopo circa 104 km; il fondo è caratterizzato da una forte presenza di sabbia in tutte e 4 le prove previste. Il percorso è interamente segnalato con i segnali convenuti, corredato dai ristori previsti e pattugliato dai mezzi dell’organizzazione. Il profilo altimetrico non è rilevante ma il continuo susseguirsi di piccoli saliscendi porta un dislivello complessivo a volte di alcune centinaia di metri in positivo.

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Ed ecco la Classifica Generale finale con il dettaglio delle quattro tappe :

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