14° BOA VISTA ULTRATRAIL 2014
"14° BOA VISTA ULTRATRAIL"
Km. 150,000
Raccontato da Claudio Fantasia
Nell'incantevole arcipelago di Capo Verde, a circa 500 Km. dalle coste africane del Senegal, si è disputata, tra il 6 ed il 7 dicembre 2014, la 14^ Edizione della "Boa Vista Ultratrail", competizione molto amata e partecipata dagli atleti italiani.
La gara ha infatti visto il successo italiano nella prova "lunga" di 150 km. "no-stop", grazie all'atleta friuliano Ivan Zufferliche che ha anche sfiorato il record della Manifestazione chiudendo con il tempo di 18h 12’ 02", a soli quattro minuti dal miglior tempo assoluto ottenuto dallo spagnolo Salvator Castro nell’edizione del 2007. Piazza d’onore per il l'atleta di casa Danilson Silva Pereira e terzo gradino per un altro italiano, il vicentino Corrado Buzzalon.
In campo femminile il successo è stato di Emanuela Marzotto in 22h 26' 05".
Nella competizione Sand Marathon di 75 chilometri, la vittoria è andata a Claudio Morlin e alla milanese Giulia Saggin. Nella prova EcoMarathon sulla classica distanza della Maratona, hanno primeggiato il podista locale Alexandro Varela e Ludovica Baciucchi.
Capo Verde, repubblica indipendente dal 1975, si distribuisce in un arcipelago composto da dieci isole di origine vulcanica ed è situato a circa 500 km dalle coste senegalesi nell'Oceano Atlantico settentrionale, al largo dell'Africa occidentale. Il patrimonio naturale di questo arcipelago è stato solo recentemente scoperto dagli operatori internazionali che hanno aperto le porte di Capo Verde al turismo. Capo Verde prende il nome da Cap-Vert, il punto più occidentale dell'Africa continentale che si trova in Senegal.
Nella prova più dura ed impegativa sulla distanza di Km. 150,000 da segnalare la presenza di Claudio Fantasia, atleta della A.S.D. PODISTICA TORINO. Claudio ha esordito in "orange" il 17 giugno 2009 nella gara serale "Notturna di Grugliasco" e vanta un Record personale di 3h 29' 34" in Maratona, ottenuto a Torino il 18 novembre 2012.
Dalla sezione “CURIOSITA” del sito apprendiamo che Claudio ha disputato 39 gare competitive con i colori "orange" percorrendo in totale oltre 885 chilometri.
Claudio Fantasia
Claudio ha raccontato così le emozioni del suo "BOA VISTA ULTRA TRAIL" .......
Circa un anno fa è comparsa nella mia mente l’idea di prendere parte a questa gara, una prova su lunga distanza in autosufficienza che si corre sull’isola di Boa Vista nell’arcipelago di Capo Verde.
Devo averla vista in qualche rivista sportiva e così ne ho parlato con il mio socio di “spedizioni”, il mio amico Salvo, con cui condivido la passione per gli sports di endurance (con lui ho portato a termine il mio primo Ironman l’anno scorso).
Lui la conosceva già, da alcuni anni custodiva in un cassetto il volantino della gara, e quando ne abbiamo parlato, ha capito che era giunto il momento che il volantino prendesse aria …. e uscisse dal cassetto dei sogni per entrare nella short list di quelli che si avverano.
Non sono un ultra runner, in rrealtà faccio triathlon da alcuni anni, mi diletto in qualche trail nei boschi o sulle nostre splendide montagne, ma 150 km in una tappa unica, in un ambiente sconosciuto, con più di 60 km di sabbia e deserto, rocce ed in autosufficienza alimentare, sono effettivamente un altro genere di gara.
Forse però è stato proprio questo a fare scattare la molla che mi ha spinto a partecipare, la “precarietà” del contesto, le difficoltà da affrontare sia per il percorso che per il clima (caldo e ventoso), insomma c’erano tutti gli ingredienti per sfidare se stessi, per spingersi al limite !
Pensato, detto … fatto …. a febbraio eravamo iscritti, pronti per iniziare la preparazione.
Già, ma come ti prepari per una gara così, con tutta quella sabba, temperature tra i 25° e 30° gradi anche di notte, notte che vicino all’Equatore ti regala …. ben 12 ore di buio e l’obbligo di portarsi oltre al materiale obbligatorio e di emergenza anche e soprattutto il cibo per alimentarsi ?
Non dico che se abitassi in Sardegna o in Sicilia sarei stato avvantaggiato, però abitando a Torino … non potevo contare su molti degli elementi che avrei trovato sul campo di gara.
Così ho deciso, più che altro perchè praticamente obbligato, che la preparazione sarebbe stata la stessa degli ultimi anni, utilizzata per le gare di triathlon su medie e lunghe distanze che ho continuato a fare nella stagione estiva, per poi sostituire gran parte degli allenamenti in bicicletta con delle corse e trail su distanze quantomeno sufficienti o decenti (intorno ai 50-60 km).
Per dare un minimo di parvenza di organizzazione nel nostro programma di allenamento, ovvero la semplice combinazione di allenamenti e gare di Triathlon e Trail, abbiamo inserito 3 eventi, 3 tappe che hanno sicuramente contribuito alla preparazione, vale a dire il Trail di Sestriere alla sua prima edizione, 50 km con 2500 D+, la 100 km a tappe del Magraid (a giugno) e ad inizio ottobre la Morenic Trail, un bel percorso in cresta sulle colline moreniche di 113 km e 2800 D+.
Per chi fa sports e attività di endurance, e come me non ha più vent’anni, acciacchi o problemini fisici sono sempre dietro l’angolo, e così per un banalissimo problema al piede sinistro (delle verruche non riconosciute per tempo) ho sovraccaricato per mesi la gamba destra con il risultato che il ginocchio durante la gara di ottobre al 90° km si è bloccato costringendomi a terminare la gara stringendo i denti e non proprio di corsa.
Senza dilungarmi troppo, ho passato le settimane successive a curare il piede sinistro dalle verruche e il ginocchio destro dall’infiammazione al tendine rotuleo (questa la diagnosi), e così in un batter d’occhio i tanti mesi che da febbraio mi separavano dalla gara si erano ridotti a poche settimane, e io .… non ero per niente pronto oltre ad avere il morale un po’ a terra !
Ho fatto un test, se proprio vogliamo usare questo termine, due settimane prima di partire; con Salvo siamo andati al Parco della Mandria (un fantastico parco che regala ai torinesi sterrati e verde a volontà, psoto ideale per i loro “lunghi”) e abbiamo corso 3 ore il sabato e 2 la domenica.
Certo poca cosa rispetto alle 30 ore previste per la gara che ci aspettava, ma giusto per provare il ginocchio, la sensazione delle gambe.
Ultimo week-end, rifinitura in palestra, qualche oretta indoor, zaino in spalle (con dentro un disco da 5 kg) e poi su e giù dalle “scale”, tapis roulant, esercizi di funzionale con TRX ….
Ci siamo, il giorno della partenza è arrivato, so di non avere nelle gambe 150 km di corsa, so che non mi sono preparato come avrei voluto, ma so anche che ormai non c’è più tempo per recriminare, è ora di agire.
Il team che compone la spedizione è così formato : Salvo, le sue due figlie Ilaria ed Elisa, il sottoscritto e Roberta, mia moglie.
Isola di Boa Vista - Capo Verde
Nel pomeriggio di Mercoledì 3 dicembre approdiamo sulla spiaggia del nostro villaggio a Boa Vista.
Il venerdì mattina andiamo al briefing pre-gara che si tiene presso la struttura Cà Nicola, un B&B nella cittadina di Sal Rei, che ospita gli organizzatori e gran parte dei concorrenti.
Passiamo in rassegna i vari “desk”, dal controllo medico al controllo equipaggiamento obbligatorio, frontali, integratori salini, bussola, coltello, e il cibo per il quale erano previste minimo 4000 Kcal (in verità ha richiesto parecchio tempo a me e Salvo contare tutte le calorie, formate da barrette, fichi, noci, frutta disidratata ....) il tutto per un peso complessivo dello zaino di circa 3,5 kg, acqua compresa !
Vi posso assicurare che è tanta “roba” da portarsi sulle spalle per ore ore e … ore di gara !
La descrizione del percorso ha inizio, siamo poco meno di una trentina schierati di fronte alla grande mappa dell’isola, come gli alunni delle elementari al primo giorno di scuola.
Il ragazzo dell’organizzazione passa in rassegna ad uno ad uno tutti e 16 CP (Check Point), gli unici punti in cui è previsto fare rifornimento di acqua.
Ogni tratto che separa un CP dall’altro ha una sua connotazione particolare, sabbia del deserto, km. di spiaggia lungo l’oceano, sterrati, rocce lunari, insomma di tutto (e forse anche di più ...) per soddisfare un famelico e valente fotografo del National Geographic!
Mentre ascolto l’esperto che descrive il tracciato, mi rendo conto delle difficoltà che mi aspettano, delle asperità del terreno, di tutte le ore di buio che ci saranno; dovrò sicuramente fare attenzione a non perdermi, il timore si mischia all’adrenalina, sono momenti unici che non posso far comprendere attraverso le parole.
Sono passati 10 mesi da quando mi sono iscritto e non posso credere di essere davvero li, sull’isola, ad osservare una mappa che di lì a poche ore si materializzerà sotto i mie piedi.
Sabato 6 dicembre, sono le 5 del mattino quando mi alzo, a quest’ora non è possibile fare la colazione in villaggio, così mi ero premunito la sera prima portando via una ciotola di riso, del pane, qualche marmellatina … una banana.
Alle 6.20 saliamo sul pick up di “Ciccio” (dell’organizzazione) e in 10 minuti giungiamo nella piazza di Sal Rei, manca solo più mezz’ora alla partenza.
Riempiamo le borracce con l’acqua, io ho previsto di usarne 2 da 750 cc, quella di sinistra, bianca, per l’acqua, quella di destra, rossa, per acqua con sali o integratori tipo maltodestrine.
Insieme a noi, sulla linea di partenza si schierano anche i concorrenti delle altre due frazioni previste, la 75 Km. e la Maratona, quest'ultima alla 1^ Edizione per Boa Vista.
Sento che lo zaino è come un macigno sulla mia schiena, tolgo un paio di barrette ed un gel, ma ovviamente la situazione non migliora per niente, è più che altro un tentativo di sollievo piscologico.
Ore 7.00 START !!
Partiti, il progetto di tanto tempo prima, il sogno nel cassetto di Salvo, adesso sono realtà, sono le nostre gambe che di corsa affrontano i primissimi km. di asfalto per uscire dalla città.
Di lì a poco mi ritrovo a correre su una specie di scogliera, 7-8 metri a picco sul mare a sinistra mentre a destra sabbia, una specie di pianura desertica. Siamo solo all’antipasto, ma già ho gli occhi sgranati e non posso trattenermi dallo scattare un paio di foto.
Stante il percorso, il clima caldo e ventilato, è necessario adottare certi accorgimenti per avere maggiori possibilità di terminare la corsa, primo fra tutti l’idratazione e l’alimentazione, seguendo una semplice strategia, bere e mangiare poco e spesso, ma soprattutto bere !
I km. scorrono senza difficoltà, l’importante è mantenere un'andatura tranquilla, in fondo non abbiamo fretta, dobbiamo “solo” arrivare alla fine.
Dopo il tratto a nord, lungo la costa, iniziamo un taglio verso l’interno che ci porta a fiancheggiare il deserto di Viana, un vero deserto di dune e sabbia dorata, il paesaggio è pazzesco ed anche qui non resisto alla tentazione di fare qualche scatto, e così a turno io e Salvo ci immortaliamo tra le dune !
In una gara con tanto deserto e sabbia, è fondamentale tenere i piedi al riparo, impedendo che la sabbia possa entrare nelle scarpe, noi abbiamo adottato come “rimedio” i gambaletti da donna, quelli che arrivano sotto il ginocchio, si infilano direttamente sopra le scarpe ed in effetti riescono ad evitare che la sabbia entri (non al 100%). L’alternativa poteva essere l’uso delle ghette, ma il gambaletto … ha un certo suo fascino !
L’unico problema è che il gambaletto si lacera facilmente su terreni rocciosi o pietrosi, in genere non sulla sabbia e quindi abbiamo dovuto fare un togli e metti ..… e numerosi “pit stop” per la sostituzione.
Ci lasciamo il deserto alle spalle, ora ai nostri occhi compare un terreno roccioso, ambrato, non ci sono mai stato, ma … ho pensato per qualche attimo di correre su Marte.
Cerco di non farlo, ma ogni tanto mi cade l’occhio sul GPS, per scoprire che dopo 5 o 6 ore ho fatto 30/40 km., ma soprattutto che ne hai ancora almeno 120 da fare e questo non è per niente incoraggiante.
In questi casi però, mi viene in aiuto un po’ di esperienza, la mia mente è pervasa da un “mantra” che cerca di portare l’attenzione sui km già fatti, così mi dico: “bene, ho già fatto una maratona, buono !”.
In effetti, se non erro, facciamo il passaggio della classica (42 km) in 6 ore, lo dico a Salvo che si compiace insieme a me, ma subito la concentrazione ci riporta alla strada ancora da percorrere che è lunga, molto lunga.
I consigli dei “veterani”, o di chi semplicemente ha più esperienza di deserto e gare di questo tipo, ci aveva suggerito che la gara si fa di giorno, cercando di arrivare intorno al 60° km (CP Santa Monica) in buone condizioni, dopo aver affrontato lunghi tratti di sabbia e spiaggia, molto impegnativi, ed anche nelle ore più calde della giornata. Poi la sera e di notte, con le temperature leggermente più fresche, si viaggia meglio.
Io avevo pronosticato ed auspicato di arrivare appunto a Santa Monica in circa 10 ore, e rimango sorpreso quando leggendo il GPS scopro che ne abbiamo impiegate poco più di otto e siamo in discrete condizioni, a parte un fastidio al ginocchio dx.
Per raggiungere questo traguardo intermedio abbiamo costeggiato l’oceano per svariati km, circa una ventina, suddivisi in due enormi e incantevoli spiagge, quella di Chaves e quella di Santa Monica.
Vista panoramica
Difficile far comprendere cosa gli occhi hanno visto, distese interminabili di sabbia finissima ed immacolata, l’oceano ora verde…ora azzurro, e soprattutto la totale assenza di “civiltà” (non come le nostre spiagge dove a volte fai difficoltà a vedere la spiaggia stessa tanto è stracolma di gente) !
Durante questi lunghi tratti di spiagge il vento, libero da ogni impedimento, poteva soffiare su di noi senza incontrare il minimo ostacolo, facendo si che la sensazione di caldo e fatica venisse affievolita.
Questo purtroppo crea i presupposti per una probabile disidratazione, che puoi evitare soltanto bevendo, anche se non percepisci la sete. Un altro consiglio utile in questi casi, quando il vento è a favore, cioè ti soffia alle spalle, per non incappare nel colpo di calore (che si forma nella parte frontale della testa e della fronte) consiste nel bagnarsi la testa a la fronte e poi girarsi qualche secondo con la faccia al vento lasciando che l’aria la rinfreschi!
Siamo arrivati ad un CP, ed è giunto il momento di cambiare le calze, per quanto il gambaletto sia un ottimo sistema non è infallibile e a lungo andare (e noi andiamo a lungo…) qualche granello di sabbia si infila nelle scarpe prima e nelle calze poi, creando i presupposti per vesciche o simili. Guai !
L’operazione richiede qualche minuto, ma noi non abbiamo fretta, e nell’economia di una gara di più di un giorno, che cosa sono pochi minuti impiegati per preservare i piedi ancora per le altre ore che ci aspettano ?
Scarpe di nuovo sistemate, è ora di riempire le borracce con l’aiuto dei volontari che ti porgono le bottiglie e ti offrono parole di incoraggiamento e di conforto.
Ancora una volta, e soprattutto in questa terra lontana e semideserta, i volontari sono il cardine della gara, sempre pronti a darti supporto, a sorriderti, a spingerti con il loro incitamento ! Non è facile nemmeno per loro, stante l’esiguità dei partecipanti, possono passare ore prima che si presenti da loro qualche disgraziato come me bisognoso di acqua.
Non siamo nemmeno a metà gara, circa al 55 km., quando il ginocchio destro, quello infortunato due mesi prima, inizia a darmi fastidio … non posso crederci, pensavo fosse ormai a posto … nelle ultime due settimane nei test e negli allenamenti in palestra non mi aveva dato più fastidio.
Mi fermo e faccio qualche metro camminando, poi riprendo a correre ma decisamente non va, faccio difficoltà a piegare la gamba nel classico gesto della corsa. Lo dico a Salvo, ma lui non sembra molto intenzionato a darmi retta, è concentrato sulla sua corsa.
Lui è un velocista, cioè ha un passato da maratoneta, poi con l’avanzare degli anni è passato al triathlon, alle gran fondo di bici, e con me ha approcciato il mondo dei Tail, ma sostanzialmente è uno che non molla, uno che arriva sempre in fondo !
Nelle gare più lunghe ed impegnative, di solito lui parte con una buona marcia, mentre io cerco di frenare l’entusiasmo, di tenere un’andatura “controllata” per non sparare subito tutte le cartucce.
Non ci siamo proprio con il ginocchio, il giro di nastro che avevo messo già un paio d’ore prima non sembra avere avuto benefico effetto, così mi faccio più esplicito con Salvo, gli faccio capire che faccio molta difficoltà a correre.
In un modo o nell’altro raggiungiamo la mezza distanza, il traguardo della 75 km., dove chi come noi partecipa alla 150 Km. ha la facoltà di ritirarsi ed entrare così nella classifica della 75 ancorchè al fondo di tutti gli altri partecipanti a questa distanza.
Mi sdraio per terra, faccio un po’ di esercizi di stretching, mi rifocillo e mi faccio una bella fasciatura al ginocchio che mi impedisce di piegarlo, ma spero mi farà fare ancora un po’ di strada.
Sono le 18.30 ed è già buio pesto, così passiamo in modalità notturna, bandana e frontale, luce rossa posteriore, borracce rifornite, destinazione prossimo CP.
L’idea era quella, spiego a Salvo, proviamo a fare qualche km. fino al prossimo punto di controllo e vediamo come va.
Ripartiamo, ma naturalmente non riesco a correre, così opto per una camminata veloce, con la gamba rigida che passa dritta verso l’esterno credo sia una andatura paragonabile a quella di un dromedario !).
Mi rammarico perché, come mi aspettavo, il terreno è ora diventato corribile, uno sterrato pianeggiante, e la frontale illumina quanto basta, il sole non è più un problema, ma lo è la mia gamba, così non posso fare altro che camminare veloce, a testa bassa per contrastare il vento che continua imperterrito la sua azione, come a farti capire che lui qui è di casa, è il padrone, e noi siamo gli intrusi.
Inizio a vacillare, ma non con il corpo, con la mente, la voglia di interrompere la gara si insinua nel mio cervello, dalla bocca escono parole che non avrei mai voluto pronunciare e così dico a Salvo che non posso continuare così, che è meglio che interrompa la mia corsa, mancano ancora circa tanti km. e sono tanti in quelle condizioni.
Lui mi risponde che si sarebbe fermato con me, chissà perché … me lo aspettavo !
Non mi ero preparato ad una situazione del genere, cioè al fatto che uno dei due fosse in difficoltà, che uno dei due potesse non terminare la corsa, al fatto di separarci.
Io gli dico che lui deve proseguire, lui ribatte che si ferma con me, così sempre mentre procediamo, facciamo il nostro siparietto, sino a quando decidiamo di arrivare al prossimo CP per decidere il da farsi.
Oramai manca poco al punto di ristoro, le gambe fanno gara a sè, la mente è un vulcano di pensieri :
“non posso andare avanti così”, “non sono pronto per ritirarmi”, “non ho mai interrotto una gara prima d’ora, nemmeno la corsetta di quartiere”
“cosà dirò a casa ? Cosa penseranno ?”, “mancano 70 km .... sono tanti, troppi da fare senza riuscire a correre”, “……”, “ho deciso, mi fermo qui, ci ho provato, ma adesso bisogna essere realisti ! Devo convincere Salvo a continuare”.
Siamo arrivati al CP, le gambe si sono fermate, sono stanco, lo zaino si è fatto sentire, ma il peso dei pensieri mi ha schiacciato ancor di più, trovo una sedia e mi ci adagio come fosse un materasso a due piazze.
Bevo e scambio due parole con i volontari che ci accolgono come fossimo parenti stretti venuti dall’altra parte della terra, mangiucchio qualcosa … e lascio che i minuti scorrano come il vento, senza ostacoli, non mi interessa minimamente l’orologio.
Non ricordo onestamente se ci siamo parlati io e Salvo, se ci siamo detti qualcosa in merito al da farsi, ricordo che dopo aver trascorso qualche minuto comodamente parcheggiato sulla sedia, in silenzio mi sono alzato ed ho iniziato la solita procedura : riempimento borracce, sistemazione dello zaino, controllo chiusura scarpe … , poi ho acceso la frontale, Salvo nel frattempo aveva eseguito il medesimo rituale, rompo il silenzio solo per salutare con calore gli “amici” del ristoro, poi riparto a testa bassa … Salvo al mio fianco !
Sono io a fare l’andatura, a fendere il vento non curante dei nostri corpi alla sua mercè, della mia zoppia, procediamo spediti o almeno così ci pare, verso il successivo CP, che è messo in cima ad un colle che fa da piedistallo ad un faro di segnalazione.
Boa Vista sarà anche un’isola piatta, ma per arrivare a questo faro triboliamo non poco per arrampicarci sino a raggiungerlo pere farci accogliere dagli immancabili volontari. Di giorno deve esserci una vista magnifica, sulle spiagge e l’oceano da una parte e sull’entro terra dall’altra, ma ora è solo un luogo sferzato dal vento dove prendere dell’acqua e da abbandonare quanto prima.
Il tratto che va dal CP11 al CP12 non so come definirlo e come raccontarlo, ci posso solo provare …
Una dozzina di km. di cui 4 o 5 di sterrato abbastanza tranquillo, poi si passa al tratto più interessante, anch’esso di circa 5 km. Non è proprio deserto (cioè quello arido, di solo sabbia e dune alte), ma comunque prevalentemente composto di sabbia, le dune sono piuttosto basse, sembrano tante gobbe sparse in qua e là, cespugli e arbusti … o cose simili, formazioni di sale incredibili, stalattiti disseminate in ogni dove anche alte 20 o 30 cm. !
Ogni tanto, come se già il terreno “d’azione” non fosse stato abbastanza suggestivo ed avvincente al tempo stesso, si presentano sotto i nostri piedi, perché gli occhi lo scoprono solo in quel momento, dei “simpatici” canyon ! Ci avevano avvisato della loro presenza e di fare attenzione, ma soltanto ora stiamo realmente comprendendo di cosa ci avessero parlato. In pratica sono degli enormi avvallamenti, tipo i corsi di fiume secchi, sprofondati rispetto al terreno di 20 o 30 metri. Devi quindi cercare un punto che non sia troppo ripido della parete da cui scendere e poi, superato il tratto in piano, trovare di nuovo la parte meno ripida per riconquistare la superficie ! Fico no ??
Vogliamo parlare dell’orientamento in questo tratto?
Sostanzialmente l’unica possibilità di seguire il percorso di gara è quella di individuare le “balise”, segnali (paletti alti circa un metro) con attaccato in cima un piccolo catarifrangente, posiziona a circa due o trecento metri una dall’altra, e che puoi intercettare solo centrandole con il fascio di luce della frontale.
Una volta individuata la "balisa" però il gioco non è finito, perché il terreno, le dune, i cespugli, i canyon ecc. ... non consentono un'a andatura in linea retta, ma deviprocedere a zigzag … avendo però sempre fermo nella mente, nel mirino immaginario, l’obiettivo del catarifrangente memorizzato qualche istante prima !
Nella vita quotidiana, quella fatta di asfalto, di cartelli stradali, di semafori, luci, di navigatori che parlano, dover seguire le tracce sulla sabbia come un segugio, muoversi come un ninja nel buio più profondo, contando solo su sul fascio di luce della frontale, è stata una esperienza surreale ! Salvo il giorno dopo, commentando questo tratto, mi dirà che sono stato davvero abile nel condurlo fuori da lì.
Ad un certo punto, mi è venuto istintivo privarmi anche dell’unico aiuto tecnologico a nostra disposizione e così ho spento la frontale, poi ho chiesto a Salvo di fare lo stesso, e, nel religioso silenzio che ci avvolgeva, ci siamo girati intorno …. ad osservare la potenza del paesaggio, la luna piena che, sgombra di nuvole, si era messa in bella mostra e le stelle facevano a gara per quale brillasse di più, ai nostri piedi una piccola duna lunga pochi metri ed alta poco più di uno, un “cucciolo” appena forgiato dal vento!
Solo questo momento, questo istante trascorso nella notte capoverdiana, vale il viaggio e la fatica che sto affrontando ! Lo memorizzo nella mia mente per riviverlo ogni volta che vorrò!!
Riaccendiamo le frontali e con nuova energia raggiungiamo finalmente il CP12, sono circa le 6 del mattino, è ancora buio, ma presto la notte lascerà spazio ad un nuovo giorno.
Siamo ad Espinguera e veniamo accolti, quasi come eroi che tornano trionfanti in patria, in un comodo ed accogliente residence da favola. Ci sistemiamo sotto un patio dove troviamo comodi e grandi divani, pochi istanti per togliersi questo maledetto zaino e sono sdraiato, il corpo si rilassa … le ossa si distendono.
Qualche esercizio di stretching è d’obbligo, visto la postura scorretta a causa del problema alla gamba, così mentre io cerco di ripristinare una parvenza di corpo sano, Salvo svuota in grembo ad un “angelo” seduto accanto a lui (si perché da questo momento i volontari e tutti coloro che incontriamo nei posti tappa sono diventati degli angeli ...) tutto il suo kit di medicinali in cerca di qualcosa contro la nausea ed il mal di stomaco.
La sabbia non sarà più sotto i nostri piedi, così è il momento del rito delle scarpe : si tolgono, si capovolgono e si scuotono per svuotarle da eventuale presenza di sabbia, poi si sfilano le calze e si sbattono, si asciugano i piedi dito per dito. Non importa quanto tempo ci vuole, deve essere un lavoro ben fatto e poi gli “angeli” che abbiamo intorno sono così ospitali che non viene voglia di lasciarli così in fretta …
Una volta ricomposti, riempiamo le nostre borracce, ringraziamo per l’ospitalità e la calorosa accoglienza e un po’ a malincuore ci incamminiamo verso la tappa successiva.
Ci aspettano ancora circa 30 km. di cui 25 circa costituiti da un pavè artigianale, una sorta di porfido fatto con pietre locali e non proprio regolari come i nostri cubetti, il tutto incastonato in un paesaggio lunare.
Inizia così un altro travaglio, non tanto per la pavimentazione, quanto per l’andatura che, ahimè, non supera i 6 km- orari, siamo delle vere tartarughe !
Credo che questo tratto fosse lungo una decina di chilometri, che normalmente correndo avrei percorso in 50’ in scioltezza, adesso ci vogliono quasi due ore e il tempo non passa mai ! Non sono abituato a camminare, anche se il passo è veloce, in effetti se non sono seduto in ufficio o altrove, generalmente corro.
Il paesaggio è incredibile e non accenna a cambiare, segno che la strada da fare è ancora molta, non ci sono segni di vita, cioè per la verità uno ci sarebbe, è un’ombra accanto a me, ha lo stomaco rigirato … ma non sembra intenzionato a mollare, è il mio amico Salvo.
Il sole inizia a farsi sentire sulla mia testa ed anche il pavè scaldandosi mi imprigiona in una specie di fornace, l’acqua nelle borracce è agli sgoccioli, sono più di 25 ore che sono partito e l’arrivo non è ancora dietro l’angolo!
Raschio nel fondo del sacchetto viveri e recupero qualche frammento di Tuc e lo offro a Salvo, un po’ di “salato”, gli dico, ti farà bene per combattere la nausea.
Una macchina che viene verso di noi, si ferma all’improvviso, sono dell’organizzazione e stanno andando a recuperare un paio di concorrenti in difficoltà nell’ultimo tratto sabbioso. Uno dei due passeggeri scende e ci fa la “punzonatura” al cartellino, sono i volontari del CP 14 che avremmo incontrato di lì a poco sulla strada, tanto, ci dicono, dovete per forza passare da li ! Poi ripartono spediti.
Sono le 10 del mattino e il sole è diventato “molesto”, ma la cosa tragica è che non troviamo il CP e soprattutto non troviamo i volontari con il nostro oro, l’acqua !
I nervi hanno qualche momento di sofferenza, la paura di sbagliare strada si fa largo nella mia mente, anche se in realtà è abbastanza difficile stante le poche strade presenti.
Scorgo una pianta e la sua preziosa ombra, faccio cenno a Salvo che è il momento di una piccola pausa anche per controllare il roadbook, un errore di percorso adesso sarebbe fatale, più per il nostro morale che per le nostre gambe.
Mentre stiamo consultando la mappa ecco che un pick up appare ai nostri occhi e inchioda davanti a noi, sono quelli del CP che abbiamo “mancato” (cioè non c’erano e quindi non potevamo …. vederli ) che vengono a rifornirci di acqua !
Afferro la prima bottiglia e me la rovescio in testa, poi con la seconda bevo e riempio le borracce!
Ho sempre avuto rispetto per questo elemento, cerco in ogni occasione di non sprecarlo, ma ora più che mai sono consapevole che senza acqua siamo niente, non abbiamo nessuna possibilità di sopravvivenza ! D’altronde basta pensare che il nostro corpo è costituito per circa il 65% proprio di acqua !
Giungiamo a Rabil, l’ultimo avamposto prima della meta.
Dopo un giro tortuoso, come se non avessimo fatto abbastanza chilometri, facciamo il controllo all’ultimo CP, proprio dentro il paese. Salvo ne approfitta per cambiare le lenti degli occhiali e mettere quelle scure, era un po’ che voleva farlo, ma aspettava il momento giusto, soprattutto un posto dove sedersi all’ombra.
Circumnavighiamo l’aeroporto, un Quad ci affianca, sopra una coppia di “spettatori” o simili, ci rassicurano che stiamo per iniziare gli ultimi 7 km. e che la strada è asfaltata!
Sono sbalordito ed incredulo quando mentalmente faccio il calcolo di quanto avrei impiegato a fare quell'ultimo pezzo di strada : circa un ora e 15 minuti ! Ed è pure asfalto, quindi superficie (si fa per dire) veloce ! Mi ripeto che non è possibile ! Normalmente avrei impiegato 35 minuti e senza nemmeno esagerare ! Non ci devo pensare, non posso proprio pensarci !
Così, passo dopo passo, duna dopo duna, pavè dopo pavè, i 150 km. di Boavista sono finalmente alle nostre spalle.
Entriamo in Sal Rei, la linea del traguardo appare davanti a noi, in questa piazza, in questa domenica di dicembre baciata dal sole, dai colori di quest’isola meravigliosa, dai sorrisi dei bambini che ci accolgono, dagli sguardi felici (e finalmente rassicurati) dei nostri cari che ci salutano !
Siamo io e Salvo, sotto il traguardo, il cuore batte forte, ancora una volta in cima al mondo, perché è li che siamo arrivati !
Un intero giorno + 5 ore, 14 minuti e 14 secondi ! loso, fa un certo effetto vedere il tempo di una gara espresso in giorni !
Panorama deserto
Col senno di…poi….
Non ho la pretesa di dispensare consigli, ma vorrei almeno condividere alcune indicazioni che potrebbero fare comodo a chi ha intenzione di cimentarsi in qualcosa del genere !
Zaino : leggero, leggero e … (soprattutto) leggero ! E’ vero che ho rispettato alla lettera il regolamento, prendendo tutto il materiale obbligatorio, ma poi ciò messo del mio aggiungendo qualche indumento di ricambio tipo maglia, slip, due paia di calze (almeno una però era necessaria), ma soprattutto ho esagerato con il cibo, che in buona parte è avanzato!
Cibo e integratori : dovendosi portare minimo 4000 calorie, come da regolamento, ho fatto dei sacchetti da 1000 calorie ciascuno, con barrette, fichi secchi, frutta disidratata, datteri. Poi un pacchetto di tuc ed uno di grissini piccoli !
Avevo troppi alimenti dolci e zuccherati rispetto al salato ! Sapevo che dopo un pò il dolce viene a noia, ma soprattutto crea un pò di nausea, anche considerando che gli integratori salini e le maltodestrine sono tendenzialmente di sapore dolciastro. Il risultato è che dopo un po’ (in questo caso il pò’ è relativo, perché stiamo parlando di almeno una dozzina di ore) non hai più voglia di mangiare ! Quindi per la prossima volta sicuramente meno cibo in assoluto e più cibo salato, crackers, grissini e affini ! Molto valide le barrette energetiche della Argotec, l’azienda di Torino specializzata in cibo per gli astronauti.
Abbigliamento : tutto materiale tecnico, è il caso di dirlo, dalla testa (cappellino Fennec della X-Bionic) ai piedi (scarpe Hoka da fuori strada ottime perché con la suola più alta di una normale scarpa). Buona anche la soluzione del gambaletto da donna per impedire alla sabbia di entrare.
Considerazioni : e’ stata una gara impegnativa, dal punto di vista fisico, ma soprattutto mentale ! La volontà di portare a termine la gara ha prevalso su ogni avversità, compreso l’infortunio alla gamba. Ma ancor più ha contribuito la presenza di Salvo. il mio compagno di gara, con il quale ho potuto dividere e condividere gioie e dolori di una esperienza così intensa ! E’ proprio vero che l’unione fa la forza e noi abbiamo unito le nostre menti per essere inarrestabili !
Quando tagli il traguardo di una gara non sei mai lo stesso di quando sei partito, quando poi il traguardo che hai tagliato è quello di una Ultra maratona come questa …. ti senti più forte nello spirito ! Io, addirittura, mi sento persino un po’ più alto !
Per me è stato un viaggio fantastico ed una esperienza bellissima, per Salvo anche qualcosa in più, la compagnia delle figlie ha arricchito il suo pacco gara rendendolo unico e prezioso, più di qualunque medaglia !