LA MIA PRIMA

La maratona di Verona di Manuel Bortolas

 

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Manuel Bortolas  esordisce in Orange il 17 aprile 2016 alla Mezza Maratona alpina di Valdellatorre
Oltre ad essere un Top Runner è anche un bravissimo maestro di sci di fondo della scuola sci di Pragelato (TO).

 

Manuel Bortolas ci racconta la sua prima Maratona , una maratona da Top Runner. Per arrivare al giorno della gara sono passate  9 settimane, 60 uscite, 830 km, 66 ore e 50.000 calorie di allenamenti; 200 mandorle, 220 noci, 2,5 Kg di pasta, 1 Kg di riso, 344 fette biscottate e 170 biscotti

 

Il giorno tanto atteso è arrivato, come l'esame di scuola che prepari da mesi. 

Studi, ti prepari, ripassi, ripeti la lezione la sai, ma hai sempre il dubbio di non sapere, come diceva il buon Socrate, ma sai di aver studiato e vai sereno. 

9 settimane per preparare una gara che ho deciso di fare dopo una stagione di montagna non proprio al meglio, la voglia di provare qualcosa di nuovo e di ''cavalcare" la Regina delle gare:

La maratona

Settimane intense, in cui sacrifici e rinunce, sono quasi all'ordine del giorno, ma lo fai per te, per metterti in gioco ancora una volta, per provare con mano cosa vuol dire Maratona. 

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Non lo sai ancora, dagli allenamenti escono numeri che puoi decidere di giocarli al lotto o più saggiamente, discuterli con il tuo allenatore.

Lui non si sbilancia, non lo farà mai, è una sua prerogativa che ammiro, non ti dirà mai che la gara sarà alla tua portata e che la porterai a casa facilmente. Un buon allenatore, lo sa che la Maratona riserva sempre delle sorprese.

L'allenatore ti da il materiale a sufficienza per prepararti al meglio, ma poi sta a te metterci del tuo, sia in allenamento che in gara.

Alla fine le settimane diventano estenuanti, ho voglia di correre la gara, mi sento preparato e pronto, rilassato e tranquillo.

Quel che è fatto è fatto, gli ultimi lavori specifici, poi solo lenti rigeneranti e rilassanti.

Si va a Verona.

Siamo un bel gruppo di Orange, siamo motivati ed abbiamo ben in mente l'obiettivo da raggiungere, ognuno di noi, di loro porta all'interno del gruppo qualcosa di magico di conviviale che fa scorrere il tempo in maniera fluida e rilassante, Sergio regala perle come sempre, Fabio l'addetto alla logistica dei fusilli in pentola, Maurizio fashion victim, Francesca manager in training della piccola Cecilia, Gabry l'insonne per scelta (non sua), Cecilia la pace serafica del gruppo, Paola la nostra Victoria secret's, Massimiliano il blogger diplomatico e Roberto il batterista gentiluomo.

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Si va in griglia.

Si parte, si va, finalmente si corre.

Mi sento libero, mi sento sciolto e disinvolto, inizia il mio viaggio.

Si crea un gruppetto del quale io tiro le fila, mi ricordo bene le parole di Sergio alla mia domanda: "ma se mi trovo in un gruppo che corre leggermente più veloce o più lento del mio passo, cosa devo fare?"

Mi risponde che la Maratona va fatta da soli. 

Mi metto davanti e faccio il mio passo, dietro succhiano tutti, ma non mi importa, io ho il mio obiettivo e gli altri non esistono.  Al decimo, in due aumentano, ma per me non esistono, rimango nel mio e li lascio andare.

Mi tiene compagnia solo vederli li davanti che si studiano, mi sento solo ma non abbandonato.

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I passi rimbombano nella mia testa, ad ogni km il ''bip'' acustico del mio orologio mi tiene attivo, sto bene.

Al bivio tra Mezza e Maratona, rimango ancora più solo, tutti deviano per il traguardo, io proseguo.

Nella mia testa inizia la vera battaglia.

Al passaggio della mezza butto un'occhiata al display cronometrico e segna 1h15'12'', non ci credo (Solo alla fine della gara scoprirò che era avanti di due minuti).

Ero sicuro di aver tenuto un buon passo fino ad ora, anzi, mi ero tenuto anche qualche minuto di margine per la seconda mezza che sapevo sarebbe stata molto più problematica per me.

Mi ripeto che ormai non riuscirò a stare sulle 2h30', non riuscirò a doppiare.

La testa si spegne.

Al ristoro perdo uno dei due gel che mi sono stati passati, continuo con quello rimasto stretto nella mano destra, non so a cosa pensare, non avevo previsto niente di questo, vado in tilt ma cerco di non pensarci, in fondo un gel mi può bastare.

E se non bastasse? E se al trentesimo mi prende la crisi e non so come gestirla? E se...

La bestia si ribella, mi disarciona, risalgo in sella ma ho accusato il colpo, reagisco, ma non troppo, accuso.

I km scorrono lenti, i minuti veloci, tropo veloci, non mollo, la voglio portare a casa, ho studiato e sono preparato, voglio la sufficienza.

La testa va, ed il passo al km anche lui va, va a farsi benedire.

In questo momento, sono primo italiano, ma sono solo al ventitreesimo.

E' dura, è dura pensare di essere a pezzi e di dover ancora fare mezza gara, vorrei essere catapultato al km 30 e ricominciare da li, da quel muro di cui tutti parlano.

Io il muro l'ho visto ben prima, eppure ero pronto, cosa è andato storto? Possibile che la testa faccia questi brutti scherzi?

Provo a reagire, ma le gambe non rispondono, sembra che non siano neanche più le mie.

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Corro a 4'15'' al km, penso seriamente di abbandonare la gara.

Nella mia testa il ritiro non è concepibile, tantomeno con una maglia addosso a cui devo portare rispetto.

Questa maglia è sulle mie spalle per il sacrificio e la passione di tante altre persone, e non voglio mancare loro di rispetto, non voglio mancare a me di rispetto, stringo i pugni quasi a far scoppiare il gel, e continuo.

Vado talmente piano che il ragazzo che mi segue in bici, fra un po cade...

Iniziano a superarmi e non sono più il primo italiano, ma poco importa, io lotto per il tempo e per finirla.

Voglio arrivare al 30!

Rettilinei infiniti che costeggiano l'Adige, il vento sempre contro la strada che sembra essere in salita in realtà non lo è.

Ogni tanto chiudo gli occhi e cerco di reagire.

Arrivo al trentesimo, finalmente.

Psicologicamente mi fa stare meglio, inizio a contare i km a due a due, smetto di fare i lap e mi concentro sui miei passi.

32, 34, 36, dai che adesso arriva il 38 e poi il 40 e poi sono arrivato, mi dico nella mia testa.

Non ricordo quasi niente dal 31 al 40.

Gli ultimi 2 sono infiniti.

Sembra impossibile che gli ultimi due km siano così distanti tra loro, ma soprattutto che gli ultimi 195 metri sembrino 2 miglia.

Giro intorno all'Arena, sento i miei amici che urlano il mio nome, sono sfatto, finito.

Arrivo.

Mi prendono perchè perdo l'equilibrio, mi dicono essere il terzo italiano, io rispondo "ok grazie".

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Mi portano nel tendone riscaldato in mezzo ai big e mi dicono di aspettare che mi avrebbero fatto avere il mio borsone con la roba di ricambio, per fare questo, mi prendono il pettorale.

Quasi non voglio, chiedo che mi venga restituito subito dopo, e mi assicurano che sarà così.

Bevo due bicchieri di the zuccherato, un arancio ed una fetta biscottata.

Ho male alle gambe ma mi rincuora che anche i Keniani non se la passano tanto meglio.

Arriva il momento di salire sul palco delle premiazioni, la stanchezza mescolata all'emozione, non mi fa realizzare bene il tutto, sento solo lo speaker che chiama il mio nome e che dice "ha fatto una gara coraggiosa".

Poi mi chiama sul palco.

Penso... "Gara coraggiosa"..

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Allora, credo di aver lasciato un piccolo segno, credo di aver regalato qualche emozione anche a loro, credo che sia stato così, era giusto fare quello che ho fatto, l'asticella ieri era in alto, ma dovevo provarci.

L'ho aggredita,  l'ho domata, si è ribellata, sono caduto. 

Alla prossima "bestiaccia!"

Verona Marathon 18/Novembre 2018

2h36'58" (più o meno)

 

Manuel negli ultimi metri della maratona e negli istanti successivi all'arrivo in cui si evince tutta la fatica dei maratoneti

Commenti  

#1 Diconto Salvatore 2018-11-21 11:00
Un racconto bellissimo ed emozionante. Complimenti Manuel e grazie.

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