La maratona di Valencia Di Gabriele Castagno

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2h 54’ 30”

Ecco il tempo impiegato per percorrere la mia prima maratona. Un tempo fine a sé stesso senza le dovute spiegazioni.

Ci è voluto un po’ di tempo prima di scrivere questo articolo. Per chi ha letto i miei articoli precedenti sa che sono abbastanza abituato a scrivere scemenze, ma a volte, ed è una condizione veramente rara, mi capita di prendere alcune cose sul serio.

Ho sempre tentato di trattare questa singola gara per quello che era, ovvero pura frivolezza. Cerchiamo di parlarci chiaramente, per noi comuni runners ogni gara è una futilità, la conquista dell’inutile.

Nel mio caso, riuscire a togliere qualche secondo o addirittura qualche minuto in una gara, cambierebbe in qualche maniera le sorti del mondo? Avrei la possibilità di elevarmi ad un livello elitario dello sport? Dimostrerei qualcosa al resto delle persone?

Per quanto mi piacerebbe soffrire di una qualche narcisistica forma di onnipotenza la risposta è una sola:” Non credo proprio…”.

 

E allora, consapevole di ciò, perché ogni volta sono lì a lottare con quel fottuto cronometro come se fosse il demonio in persona?

In quel momento, quella gara si spoglia completamente della sua frivolezza e si mostra per quello che è. La guerra.

Esagerato direte voi!

Probabilmente avete ragione, ma a me piace credere che sia in questa voglia di non accontentarsi mai e di voler migliorare costantemente che si nasconda il motore che ci fa tirare avanti ogni giorno.

Per me Valencia è stata un po’ come una piccola Caporetto.

Sia chiaro, non è mia intenzione offendere nessuno con questa definizione, perché mi rendo conto che molti di voi, leggendo il tempo da me impiegato a Valencia, avranno pensato:” Idiota, cosa ti lamenti a fare!?”.

2h 39’ 59”. Ecco il tempo a cui aspiravo. E non era un tempo campato in aria, io avevo lottato per 19 lunghe settimane per arrivare a quel risultato. 1705 km di strada percorsa suddivisa in 94 allenamenti, per una media di 18 km ad attività. Test della soglia e del lattato su tapis roulant e su strada che dicevano che potevo farcela.

Ero convinto di potercela fare perché la matematica e la logica erano dalla mia parte.

Ma ho capito che quei 42.195 mt possono essere estremamente perfidi con tutti i tuoi calcoli e balle varie. Ho capito che non puoi dire di aver capito anche quando pensi di aver capito. Capito?

Ecco il mio cronopensiero in fase di svolgimento della maratona:

In partenza: oggi vinco.

Dopo 100 mt: ok non vinco ma oggi spacco tutto.

1° Km: cosa mi ha ripetuto fino allo sfinimento Fabio? Ah già! Gabri, non fare cazzate!

10° Km: cavolo certo che però è dura sta maratona. Concentrati e tieni duro.

14° Km: sono solo ad un terzo della gara e trovo già lungo. Vabbè…

17° km: tieni la mente occupata con altro. Sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, ….

21° km: passaggio in 1h21’30”. Ok, oggi non riesco a fare meno di 2h 40’ ma cerchiamo almeno di stare sotto le 2h 45’

24° km: Houston abbiamo un problema! Sono detonato e mancano ancora 18 km!!!

30° km: (presenza di uno striscione con su scritto “rompi il muro”) Mi prendi per il culo??!! Io il muro l’ho già rotto da un bel pezzo, e non solo quello.

32° km: ok Gabri, oggi devi dimostrare chi sei. Devi assolutamente finirla e non puoi camminare neanche ti pigliasse un infarto.

34° km: (mi sorpassano i pacers delle 2h 50’ ad una velocità che mi sembra il doppio della mia) Ma vaff….

39° km: ma chi me l’ha fatto fare? E’ la prima e l’ultima maratona che farò in vita mia.

41° km: ce la fai, ci sei quasi.

Appena tagliato il traguardo: ………….

Arrivato alla fine credo di non aver più formulato un pensiero per almeno una mezz’ora. So solo che avevo freddo e non riuscivo a camminare. Così mi sono trovato seduto su una panchina in un parco giochi per bambini. E mi sono addormentato ben due volte su quella panchina, mentre a 1 metro da me quelle allegre famigliole portavano i loro figli a giocare, raccomandandosi di non toccare quello schifo di uomo seduto storto, che a volte scattava in preda ad un crampo imminente. Che vergogna…

Insomma quello che volevo fare trasparire da questo racconto è che questa maratona è stata una lunga, lunga, lunga, agonia.

Perché? Perché è andato tutto quanto così a ramengo?

Vado a vedere i dati del Garmin e noto che dal 3° km la mia frequenza cardiaca era già ben al di sopra della mia soglia aerobica! Senza andare nel tecnico, ero nei pasticci e ci sono rimasto fino all’esaurimento totale delle energie. Eppure non stavo correndo a ritmi superiori al dovuto. E allora come mai?

Me lo sto domandando ancora adesso e tornando all’inizio dell’articolo questo è il motivo per il quale ci ho messo così tanto tempo a scrivere questo articolo. Non riesco a farmene una ragione.

Quella che però era inizialmente delusione cocente si è trasformata in voglia di rivalsa. So che al 39°km ho pensato che non avrei mai più corso una maratona, ma in quel momento non ero in grado di intendere e di volere.

Così mi sono iscritto ad un’altra maratona. E’ come se una febbre si fosse impossessata di me. E ciò mi fa pensare. Dopo che questa maratona è andata così male, perché sento questa necessità di voler solo più correre maratone? Forse perché la parte più bella di tutta questa avventura è stato quello che l’ha preceduta, la determinazione che sono riuscito a dimostrare a me stesso e che neanche pensavo di possedere, gli allenamenti di gruppo, le perle di saggezza di Sergio, il rettilineo di Stupinigi, gli incoraggiamenti tra di noi, poveri umani, che ci troviamo a fare cose da pazzi per allenarci e raggiungere i nostri sogni. Mi sono sempre chiesto cosa prova un atleta professionista durante una vittoria importante, ma credo di averlo finalmente capito.

Io a Valencia non ho vinto. Non sono riuscito a domare la maratona, anzi sono stato disarcionato malamente.

Eppure mi sento comunque un vincitore, mi sento un eroe.

Perché solo gli eroi come tutti quanti noi, gente normale, che si sveglia ad orari improponibili per allenarsi, che fa sacrifici tutti i giorni, che cerca di dimostrare a sè stesso di poter essere migliore, sa cosa vuol dire vincere.

Perché noi vinciamo ogni giorno.

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